Aperitivo sul lungomare di Napoli, spaghetti alle vongole della mamma e un bicchiere di bianco: accontentarsi è il segreto della felicità

​Nella guida pratica per essere sereni evitare il vittimismo, apprezzare quello che si ha, sfruttare il proprio talento. E poi, fare del bene fa stare bene…

di Alberto Vito

L’idea che il benessere psicologico sia parte integrante della salute degli individui è ormai una convinzione largamente condivisa. Dopo decenni di sottovalutazione o, ancor peggio, di stigmatizzazione, oggi è riconosciuta l’importanza della salute mentale e del prendersene cura. Tuttavia, la maggior parte dei manuali promuovono i corretti stili di vita, facendo attenzione esclusivamente all’alimentazione e all’attività fisica. Ma come si mantiene la salute psicologica? Ecco qualche piccolo consiglio, pronto all’uso, per i lettori di Vendemmie.

Il primo suggerisce di evitare il vittimismo. Le persone che si lamentano non a giusta ragione stanno male e fanno star male chi è vicino. Utilizzare i propri malesseri per richiamare l’attenzione altrui è purtroppo un comportamento diffuso, in genere appreso in famiglia. Va riconosciuto come in parte sia un meccanismo inevitabile: il neonato le prime volte piange esclusivamente a causa di una sofferenza fisica, in genere per fame o doloretti. Ma già dopo poche settimane impara a piangere solo per richiamare l’attenzione della madre, che giustamente accorre. E’ il comportamento corretto, eppure inevitabilmente insegna anche altro: a utilizzare i malanni per essere al centro dell’attenzione. Non è male desiderare di essere pensati, coccolati, ma occorre saper richiamare l’attenzione altrui per i nostri pregi, per le nostre capacità e non per i nostri timori. Non bisogna essere accontentati perché stiamo male, ma perché le nostre scelte fanno star bene. Sentirsi amati e sentirsi stimati sono i nostri bisogni primari, questo è un fatto, ma è meglio ottenerli attraverso le nostre qualità.

Il secondo consiglio ricorda come accontentarsi sia anche una virtù. In una cultura competitiva orientata al successo, tale atteggiamento può essere percepito come un difetto, circondato da un alone negativo. Implicitamente, si enfatizza l’aspetto rinunciatario connesso all’accontentarsi. Eppure, è proprio questo il segreto per vivere bene. Chi gode di ciò che ha, pur sapendo che non è tutto; chi apprezza i propri risultati, senza ignorare che altri ottengono di più, vive decisamente meglio. Gode, senza grosse invidie. Semplificando, racconto come le persone si possano dividere in due categorie. Entrando in una stanza nuova, c’è chi scopre subito i difetti e le magagne e chi invece osserva gli aspetti funzionali e piacevoli. I primi, i critici concentrati sulla risoluzione dei problemi, svolgono una funzione utile all’evoluzione collettiva, ma è indubbio che i secondi vivano e facciano vivere meglio.

Il terzo consiglio è connesso. Piuttosto che focalizzarsi sulle mancanze, è assai meglio coltivare i propri interessi, ricercare le proprie passioni, valorizzare le risorse proprie e altrui. E’ fortunato chi nella vita individua il proprio talento e lo utilizza, mentre è un peccato lo spreco di sé, laddove per mancanza di autostima o di sicurezza si ha poca fiducia nelle proprie capacità. E’ certamente vero che non possiamo far tutto, ma il benessere psicologico è legato alla percezione di un certo numero di alternative possibili, mentre il malessere è accompagnato sempre dalla ridotta percezione di libertà.

Infine, come ci ricordano i testi dei saggi di ogni cultura ed epoca, far del bene fa star bene. E’ una verità semplice e profonda. Essere attenti agli altri, sentirsi utili, non essere eccessivamente egoisti aiuta a star bene. Crea benessere e a volte felicità. In fondo, semplificando assai, chi fa del male sta anche male.

Io ho certamente i miei difetti, ma mi riconosco un pregio: mi reputo fortunato, so accontentarmi, apprezzando ciò che ho, anche le piccole cose. Un aperitivo sul lungomare di Napoli poco prima del tramonto, tanto per cominciare. Poi un piatto di spaghetti alle vongole, ricordo di quelli preparati da mia madre la domenica, accompagnato da un calice di Falanghina alla giusta temperatura, e una parmigiana di melenzane a regola d’arte con un bel bicchiere di Aglianico, io mi sento un re. Prosit.

Alberto Vito

Psicologo, Psicoterapeuta familiare, Sociologo. Dirige l’UOSD di Psicologia Clinica degli Ospedali dei Colli di Napoli. Didatta della Scuola Romana di Psicoterapia Familiare. E’ stato Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli. Autore di diversi volumi, di cui l’ultimo è 88 Divagazioni. Psicologia, ricordi e altri pensieri, edito da La Valle del Tempo (2023).